Il realismo "altro"
Attraversando gli spazi dismessi di una fiera conclusa e smontata un osservatore qualunque non trarrebbe alcuno stimolo, se non quello ad allontanarsi al più presto da quell’arido scenario. Diversamente l’artista - giusto il noto aforisma di Werner Heisenberg, per cui egli è in grado di “penetrare la realtà dall’interno” – vede ciò che alla nostra vista resta precluso e si lascia poeticamente ispirare anche da segni di squallida precarietà. Giancarlo Lamonaca ha percorso i ruderi di KunStart 2010 schizzandoli come un viaggiatore nostalgico e facendo da essi rifiorire un linguaggio di grande ricchezza. Le opere che ne sono nate presentano una essenziale complessità compositiva, in cui alla straordinaria resa pittorica si aggiunge il fascino delle cose lecitamente ambigue cui l’osservatore fatica ad attribuire un connotato definitivo. Non possiamo mai raggiungere una certezza identificativa perché quella che Lamonaca ci fa vedere non è un’altra realtà, ma una realtà “altra” che riecheggia in certi momenti la simulata asetticità di Hopper, in altri il maggior coinvolgimento lirico di Ferroni. Le porte riprodotte non sono più porte, ma tuttavia ci fanno entrare in un qualche luogo - che c’era ma che noi non potevamo vedere.
Quasi dimenticavamo che gli “schizzi” di Lamonaca sono di tipo fotografico. Lo strumento rilevatore con il quale si è aggirato tra le ormai vane vastità fieristiche non è stato il blocchetto da disegno ma la Hasselblad. Non c’è alcuna differenza: l’artista, quando è tale, ha una sua verità cui noi possiamo accedere solo attraverso la mediazione del linguaggio pittorico. E Lamonaca è pittore, anche se per raggiungere la forma pittorica si serve di schizzi un po’ particolari. Dobbiamo essergli grati, perché è tra i pochi in grado di riconciliarci con l’imperante tendenza a sostituire il pennello con l’obiettivo.
Georg Von Metz Schiano